Edifici e sismicità

Edifici e sismicità.

La Terra è un sistema dinamico e in continua evoluzione, composto al suo interno da rocce disomogenee per pressione e temperatura cui sono sottoposte, densità e caratteristiche dei materiali. Questa elevata disomogeneità interna provoca lo sviluppo di forze negli strati più superficiali, che tendono a riequilibrare il sistema spingendo le masse rocciose le une contro le altre, deformandole. I terremoti sono un’espressione e una conseguenza di questa continua evoluzione, che avviene in centinaia di migliaia e, in alcuni casi, di milioni di anni. Il terremoto si manifesta come un rapido e violento scuotimento del terreno e avviene in modo inaspettato e senza preavviso.

Sismicità

La sismicità indica la frequenza e la forza con cui si manifestano i terremoti, ed è una caratteristica fisica del territorio. Se conosciamo la frequenza e l’energia associate ai terremoti che caratterizzano un territorio, e attribuiamo un valore di probabilità al verificarsi di un evento sismico di una data magnitudo in un certo intervallo di tempo, possiamo definirne la pericolosità sismica. La pericolosità sismica sarà tanto più elevata quanto più probabile sarà il verificarsi di un terremoto di elevata magnitudo, a parità di intervallo di tempo considerato. Le conseguenze di un terremoto dipendono anche dalle caratteristiche di resistenza delle costruzioni alle azioni di una scossa sismica. La predisposizione di una costruzione ad essere danneggiata si definisce vulnerabilità. Quanto più un edificio è vulnerabile (per tipologia, progettazione inadeguata, scadente qualità dei materiali e modalità di costruzione, scarsa manutenzione), tanto maggiori saranno le conseguenze. Infine, la maggiore o minore presenza di beni esposti al rischio, la possibilità cioè di subire un danno economico, ai beni culturali, la perdita di vite umane, è definita esposizione.

Rischio sismico

Il rischio sismico, determinato dalla combinazione della pericolosità, della vulnerabilità e dell’esposizione, è la misura dei danni attesi in un dato intervallo di tempo, in base al tipo di sismicità, di resistenza delle costruzioni e di antropizzazione (natura, qualità e quantità dei beni esposti). L’Italia ha una pericolosità sismica medio-alta (per frequenza e intensità dei fenomeni), una vulnerabilità molto elevata (per fragilità del patrimonio edilizio, infrastrutturale, industriale, produttivo e dei servizi) e un’esposizione altissima (per densità abitativa e presenza di un patrimonio storico, artistico e monumentale unico al mondo). La nostra Penisola è dunque ad elevato rischio sismico, in termini di vittime, danni alle costruzioni e costi diretti e indiretti attesi a seguito di un terremoto. Pertanto si può asserire che il rischio sismico di una determinata costruzione dipende dalla relazione fra la pericolosità, la vulnerabilità e l’esposizione:

RISCHIO SISMICO= PERICOLOSITA’ – VULNERABILITA’ – ESPOSIZIONE

Pericolosità: è la probabilità che si verifichi un sisma ed è legata alla zona sismica in cui è ubicato l’edificio.

Vulnerabilità: consiste nella valutazione delle conseguenze del sisma ed è riferita alla capacità di resistenza di un determinato edificio durante un evento sismico.

Esposizione: è la valutazione socio-economica delle conseguenze durante e dopo un evento sismico ed è legata ai contesti delle comunità.

Classificazione zonale sismica

Per ridurre gli effetti del terremoto, l’azione dello Stato si è concentrata sulla classificazione del territorio, in base all’intensità e frequenza dei terremoti del passato, e sull’applicazione di speciali norme per le costruzioni nelle zone classificate sismiche. La legislazione antisismica italiana, allineata alle più moderne normative a livello internazionale prescrive norme tecniche in base alle quali un edificio debba sopportare senza gravi danni i terremoti meno forti e senza crollare con terremoti più forti, salvaguardando prima di tutto le vite umane. L’Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3274 del 20 marzo 2003, sulla Gazzetta Ufficiale n. 105 dell’8 maggio 2003, e l’O.P.C.M.  n. 3519 del 2006 stabiliscono i principi generali sulla base dei quali le Regioni, a cui lo Stato ha delegato l’adozione della classificazione sismica del territorio (Decreto Legislativo n. 112 del 1998 e Decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 – “Testo Unico delle Norme per l’Edilizia”), hanno compilato l’elenco dei comuni con la relativa attribuzione ad una delle quattro zone, a pericolosità decrescente, nelle quali è stato riclassificato il territorio nazionale.

Edifici e sismicità
Zone a pericolosità sismica decrescente – fonte: Sito del Dipartimento della Protezione Civile – Presidenza del Consiglio dei Ministri
Edifici e sismicità
Suddivisione delle zone sismiche, in relazione all’accelerazione di picco su terreno rigido (O.P.C.M. 3519/2006). fonte: Sito del Dipartimento della Protezione Civile – Presidenza del Consiglio dei Ministri

Analisi sismica degli edifici

Il terremoto come già definito in precedenza, si manifesta come un inaspettato, rapido e violento scuotimento del terreno. Tuttavia può essere di tipo ondulatorio o sussultorio, nel primo, il terreno ha uno scuotimento con andamento orizzontale, nel secondo lo scuotimento è di tipo verticale. Le onde sismiche di ambedue le tipologie di terremoto possono risultare distruttive per edifici sia con struttura in muratura che in cemento armato, se questi sono vicini all’epicentro e l’onda sismica è particolarmente violenta. Ad ogni modo, le onde sismiche più pericolose e distruttive appartengono al terremoto di tipo ondulatorio, questo per il semplice motivo che la struttura di un edificio è sollecitata da forze che agiscono orizzontalmente anziché verticalmente.

Edifici e sismicità

Le linee guida del D.M. n.65 del 07/03/2017 (ALLEGATO A), definiscono otto Classi di Rischio, con rischio crescente dalla lettera A+ alla lettera G. La determinazione della classe di appartenenza di un edificio può essere condotta secondo due metodi, tra loro alternativi, l’uno convenzionale e l’altro semplificato, quest’ultimo con un ambito applicativo limitato.

Il metodo convenzionale è concettualmente applicabile a qualsiasi tipologia di costruzione, ed è basato sull’applicazione dei normali metodi di analisi previsti dalle attuali Norme Tecniche. Consente inoltre, la valutazione della Classe di Rischio della costruzione sia nello stato di fatto sia nello stato conseguente all’eventuale intervento.

Il metodo semplificato si basa su una classificazione macrosismica dell’edificio, è indicato per una valutazione speditiva della Classe di Rischio dei soli edifici in muratura. Ad ogni modo, può essere utilizzato sia per una valutazione preliminare indicativa, sia per valutare, limitatamente agli edifici in muratura, la classe di rischio in relazione all’adozione di interventi di tipo locale.

Nello specifico si determina, sulla base delle caratteristiche della costruzione, la Classe di Rischio di appartenenza a partire dalla classe di vulnerabilità definita dalla Scala Macrosismica Europea (EMS) di seguito riportata.

Ad ogni modo la classe di rischio di un edificio per ambedue i metodi si raggiunge:

1) attribuendo a priori la classe di rischio PAM (per edifici in muratura ed in c.a.), in funzione dell’entità delle Perdite medie annue attese. In particolare il PAM, è la Perdita Annuale Media attesa, che tiene in considerazione le perdite economiche associate ai danni agli elementi, strutturali e non, e riferite al costo di ricostruzione (CR) dell’edificio privo del suo contenuto.

2) attribuendo a priori la classe di rischio IS-V (per edifici in c.a.), legata alla salvaguardia della vita umana e ricavata mediante l’indice di sicurezza.

3) attribuendo a priori la classe di vulnerabilità V6,..V1 (per edifici in muratura), definita dalla Scala Macrosismica Europea (EMS) su riportata.

Norme tecniche costruttive

Le più recenti norme tecniche per le costruzioni fanno capo al Decreto del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti del 14 gennaio 2008 aggiornate e sostituite dal D.M. del 17 gennaio 2018. Tali norme sono state emesse ai sensi delle leggi 5 novembre 1971, n. 1086, e 2 febbraio 1974, n. 64, così come riunite nel Testo Unico per l’Edilizia di cui al DPR 6 giugno 2001, n. 380, e dell’art. 5 del DL 28 maggio 2004, n. 136, convertito in legge, con modificazioni, dall’art. 1 della legge 27 luglio 2004, n. 186 e ss. mm. ii..

Ad ogni modo, definiscono i principi per il progetto, l’esecuzione e il collaudo delle costruzioni, nei riguardi delle prestazioni loro richieste in termini di requisiti essenziali di resistenza meccanica e stabilità, anche in caso di incendio, e di durabilità di costruzioni civili ed industriali: in calcestruzzo – acciaio – acciaio e calcestruzzo – legno – muratura armata o confinata.  
Esse forniscono quindi i criteri generali di sicurezza, precisano le azioni che devono essere utilizzate nel progetto, definiscono le caratteristiche dei materiali e dei prodotti e, più in generale, trattano gli aspetti attinenti alla sicurezza strutturale delle opere, classificando la classe di appartenenza:

1)  Classe d’uso I: Costruzioni con presenza solo occasionale di persone, edifici agricoli.

2) Classe d’uso II: Costruzioni il cui uso preveda normali affollamenti, senza contenuti pericolosi per l’ambiente e senza funzioni pubbliche e sociali essenziali. Industrie con attività non pericolose per l’ambiente. Ponti, opere infrastrutturali, reti viarie non ricadenti in Classe d’uso III o in Classe d’uso IV, reti ferroviarie la cui interruzione non provochi situazioni di emergenza. Dighe il cui collasso non provochi conseguenze rilevanti.

3) Classe d’uso III: Costruzioni il cui uso preveda affollamenti significativi. Industrie con attività pericolose per l’ambiente. Reti viarie extraurbane non ricadenti in Classe d’uso IV. Ponti e reti ferroviarie la cui interruzione provochi situazioni di emergenza. Dighe rilevanti per le conseguenze di un loro eventuale collasso. 

4) Classe d’uso IV: Costruzioni con funzioni pubbliche o strategiche importanti, anche con riferimento alla gestione della protezione civile in caso di calamità. Industrie con attività particolarmente pericolose per l’ambiente. Reti viarie di tipo A o B, di cui al DM 5/11/2001, n. 6792, “Norme funzionali e geometriche per la costruzione delle strade”, e di tipo C quando appartenenti ad itinerari di collegamento tra capoluoghi di provincia non altresì serviti da strade di tipo A o B. Ponti e reti ferroviarie di importanza critica per il mantenimento delle vie di comunicazione, particolarmente dopo un evento sismico. Dighe connesse al funzionamento di acquedotti e a impianti di produzione di energia elettrica.

VALUTAZIONE DELLA SICUREZZA NEGLI EDIFICI ESISTENTI

La valutazione della sicurezza di una struttura esistente è un procedimento quantitativo, volto a determinare l’entità delle azioni che la struttura è in grado di sostenere con il livello di sicurezza minimo richiesto dalla presente normativa. L’incremento del livello di sicurezza si persegue, essenzialmente, operando sulla concezione strutturale globale con interventi, anche locali.

La valutazione della sicurezza, argomentata con apposita relazione, deve permettere di stabilire se:
l’uso della costruzione possa continuare senza interventi;
l’uso debba essere modificato (declassamento, cambio di destinazione e/o imposizione di limitazioni e/o cautele nell’uso);
sia necessario aumentare la sicurezza strutturale, mediante interventi.

La valutazione della sicurezza deve effettuarsi quando ricorra anche una sola delle seguenti situazioni:
riduzione evidente della capacità resistente e/o deformativa della struttura o di alcune sue parti dovuta a: significativo degrado e decadimento delle caratteristiche meccaniche dei materiali, deformazioni significative conseguenti anche a problemi in fondazione; danneggiamenti prodotti da azioni ambientali (sisma, vento, neve e temperatura), da azioni eccezionali (urti, incendi, esplosioni) o da situazioni di funzionamento ed uso anomali;
provati gravi errori di progetto o di costruzione;
cambio della destinazione d’uso della costruzione o di parti di essa, con variazione significativa dei carichi variabili e/o passaggio ad una classe d’uso superiore;
esecuzione di interventi non dichiaratamente strutturali, qualora essi interagiscano, anche solo in parte, con elementi aventi
funzione strutturale e, in modo consistente, ne riducano la capacità e/o ne modifichino la rigidezza;
ogni qualvolta si eseguano gli interventi strutturali;
opere realizzate in assenza o difformità dal titolo abitativo, ove necessario al momento della costruzione, o in difformità alle norme tecniche per le costruzioni vigenti al momento della costruzione.
Qualora le circostanze di cui ai punti precedenti riguardino porzioni limitate della costruzione, la valutazione della sicurezza potrà essere effettuata anche solo sugli elementi interessati e su quelli con essi interagenti, tenendo presente la loro funzione nel complesso strutturale, posto che le mutate condizioni locali non incidano sostanzialmente sul comportamento globale della struttura.

TIPOLOGIA DEGLI INTERVENTI

Negli edifici esistenti asseconda dei casi  si può procedere con le seguenti tipologie di intervento:

– riparazione o intervento locale:

interventi riguardanti singole parti e/o elementi della struttura. Essi non debbono cambiare significativamente il comportamento globale della costruzione e sono volti a conseguire una o più delle seguenti finalità:
– ripristinare, rispetto alla configurazione precedente al danno, le caratteristiche iniziali di elementi o parti danneggiate;
– migliorare le caratteristiche di resistenza e/o di duttilità di elementi o parti, anche non danneggiati;
– impedire meccanismi di collasso locale;
– modificare un elemento o una porzione limitata della struttura;

Il progetto e la valutazione della sicurezza potranno essere riferiti alle sole parti e/o elementi interessati. Ad ogni modo, documentando le carenze strutturali riscontrate e dimostrando che, rispetto alla configurazione precedente al danno, al degrado o alla variante, non vengano prodotte sostanziali modifiche al comportamento delle altre parti e della struttura nel suo insieme e che gli interventi non comportino una riduzione dei livelli di sicurezza preesistenti. Pertanto sono interventi rientranti nella categoria della manutenzione straordinariarestauro e risanamento conservativo , entrambi di tipo pesante, e, come tali necessitano della SCIA per essere attuati

– miglioramento sismico:

interventi atti ad aumentare la sicurezza strutturale preesistente, senza necessariamente raggiungere i livelli di sicurezza stabiliti dalle N.T.C.. Per gli edifici di classe III ad uso scolastico e di cl. IV il valore ζ  deve essere ≥ 0,6 e incrementato dello 0,1 rispetto al valore iniziale per i rimanenti edifici di classe III e quelli di classe II. Tuttavia sono interventi rientranti nella categoria della manutenzione straordinariarestauro e risanamento conservativo , entrambi di tipo pesante, e, come tali necessitano della SCIA per essere attuati

– adeguamento sismico: interventi atti ad aumentare la sicurezza strutturale preesistente, conseguendo i livelli di sicurezza stabiliti dalle N.T.C. (ζ ≥ 1,0 e ζ ≥ 0,80). Anche questa tipologia di interventi rientrano nella categoria della manutenzione straordinariarestauro e risanamento conservativo , entrambi di tipo pesante, e, come tali necessitano della SCIA per essere attuati.

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